RECENSIONE DI NICOLETTA STECCONI
Vi è mai capitato di passare per uno skate park ed osservare per più di cinque minuti i ragazzi che lo frequentano armati delle loro tavole a quattro ruote? Beh, se la risposta è no non vi rimane che rimediare.
Lo skate è uno strano sport: per chi non lo conosca (come me la prima volta che ne sono entrata in contatto), più che una disciplina sportiva sembra un modo di essere, uno stile di vita, ed in realtà è un po’ così, basta osservare i ragazzi che lo praticano.
Ritenuto di nicchia, a causa del numero limitato di persone che lo frequentano, è indubbiamente uno sport da strada che però negli ultimi tempi sta ottenendo i giusti riconoscimenti a livello mondiale. Quindi sì, indubbiamente uno stile di vita ma alla cui base c’è una pratica sportiva difficile e delicata, con una sua filosofia tutta da scoprire.
Nato negli anni ’50, negli U.S.A. (e come non potrebbe essere così?) è la risposta urbana al surf da onda. Una successiva variante da montagna è rappresentata dallo snowboard.
Ma torniamo al nostro skate park. Rampe arrotondate alte fino a quattro, cinque metri e Street che ripropongono situazioni urbane con tanto di scalinate, salite, discese e corrimano di diverse altezze, infine il bowl, ossia una sorta di piscina vuota dal fondale di legno arrotondato.
In questo contesto si applica il metodo Full Time, una recente tecnica e propedeutica che insegna gli elementi base dello skateboard in tutta sicurezza, studiata da Roberto Verbigrazia e Paolo Pica.
Quest’ultimo è l’autore del primo libro in assoluto che insegna le tecniche dello skateboard: “Skate”.
Nei primi capitoli, molto interessanti anche da un punto di vista di metodologia didattica, si possono scoprire gli elementi di base che fanno di questo sport e della metodologia Full Time l’anima portante della sua ’filosofia’. Le diverse capacità di apprendimento a seconda dell’età degli allievi, l’attenzione a fattori emotivi e motivazionali individuali, il rispetto degli schemi corporei e motori di ogni allievo, l’insegnamento di tecniche precise che riducono al minimo le possibilità di cadute diminuendo così la paura e alimentando al contrario quel senso di sicurezza delle proprie capacità, il senso di appartenenza che si sviluppa lavorando insieme, nonostante sia uno sport individuale, sono gli aspetti fondamentali di questa metodologia. E l’autore ne spiega i fondamenti con diversi esempi e riferimenti bibliografici in un più ampio discorso di propedeutica all’insegnamento delle discipline sportive.
Nei capitoli successivi, poi, ci sono tutte le tecniche esecutive spiegate nel particolare e supportate da illustrazioni esplicative.
Un libro decisamente originale, che trovo di grande interesse per tutti gli adolescenti e non che, motivati dalla passione per questo sport così particolare, ne possono apprendere le giuste tecniche ed i termini specifici.
Torniamo al nostro skate park. Osservando i suoi frequentatori, età dai 7 anni in su, possiamo comprendere come questo sport, più di tanti altri, renda l’idea di che potenziale sono dotati il corpo e la mente umana. Ci si ritrova ad assistere, stupiti, ad acrobazie che sfidano qualsiasi legge della fisica e che instillano in chi le compie, ma anche in chi le osserva, una rara e piacevole sensazione di libertà.